Il nome è storicamente attestato per la prima volta nella forma di “Agios” in un documento del 1358 che riporta la tabella delle imposte compilata dal re di Aragona, mirata a stabilire l’importo che ogni villa doveva corrispondere alla Corona.
Le origini di Aggius risalgono però all’epoca preistorica, come dimostrano le tracce ancora presenti in tutta l’area circostante il centro abitato: ripari sotto roccia, grotte, tafoni e conche, sono ancora gli elementi di un paesaggio in cui il granito è il segno distintivo.

Antica e importante “villa” della Curatoria di Gemini, il suo territorio vastissimo includeva anche i comuni di Trinita’ d’Agultu, Badesi e Viddalba, fino alla recente acquisizione della loro autonomia comunale avvenuta rispettivamente negli anni: 1958, 1968 e 1975.

Terminato il periodo Giudicale, Aggius fu conteso dalla famiglia Doria, dagli Arborensi e infine dalla Repubblica Marinara di Pisa che esercitò il controllo sull’intera area, sino all’arrivo della dominazione prima Aragonese e poi Spagnola. Fu proprio la presenza spagnola a influenzare dialetti, tradizioni, usi e costumi locali in modo estremamente marcato ed è tutt’oggi presente e viva nella cultura aggese. Questo dominio durò circa 400 anni e fu caratterizzato da momenti particolarmente difficili dovuti al succedersi di carestie e pestilenze che decimarono la popolazione locale. Condividendo il destino di tutta la terra sarda, anche il comune di Aggius nel 1720 passò sotto il dominio dei Savoia.

Oggi i settori economici di maggior sviluppo sono rappresentati dall’allevamento bovino, dalla lavorazione del granito, del legno e del ferro battuto, alle cui attività si affiancano le produzioni tessili artigianali che rappresentano una delle eccellenze e dei tratti distintivi del territorio.

Accanto alla storia ufficiale, però, Aggius viene ricordato nella prima metà del Seicento come centro di falsari. La “zecca” si sarebbe trovata su uno dei suoi monti, che per questo fu chiamato Fraili (officina del fabbro), ostico anche per la spedizione che Don Matteo Pilo Boy organizzò per debellare il fenomeno. Per tutto l’Ottocento la popolazione venne dilaniata da numerose faide familiari, la più famosa fu quella tra i Vasa e i Mamìa dalla quale Enrico Costa si ispirò per il romanzo “Il Muto di Gallura”. Pochi conoscono il curioso fatto avvenuto nel 1848, quando Aggius divenne “Repubblica” per quarantotto ore, investito da quel movimento che in Europa prese il nome di “Primavera dei Popoli”.

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