Questo monte è il più famoso e importante di quelli che formano il Resegone di Aggius, esso sovrasta il paese e sulla punta più alta è stata issata una croce di ferro, che ha dato il nome al monte.
Visitandolo si rimane affascinati dalle sue forme granitiche e in particolar modo: dall’arco del diavolo, che si trova a pochi passi dalla grande croce posta in cima al monte; dalla conca della Madonna, una specie di nicchia naturale scavata nel granito, si dice che la Madonna qualche volta vi abitasse per tenere lontano il diavolo; da “lu Tamburu Mannu”, una gran lastra di granito che posa sopra un blocco spianato, basta salire sull’orlo e far forza col corpo perché la pietra oscilli, dondoli e produca un rullio cupo, sordo, continuo come il mugolio di un tuono in lontananza.
A memoria dei più vecchi, questo tamburo è sempre esistito, e pare abbia malefici influssi. Si dice che quando si ode il rullio è certo che una persona è morta o deve morire di morte violenta. (E. Costa, Il Muto di Gallura).
Narra la leggenda che ogni giorno, al calar della sera, il diavolo si affacciava sul monte “Tamburu” e, piantati gli enormi piedi sullo stesso e poggiate le mani su un altro masso antistante (esistono quattro cavità naturali su quei massi che la leggenda attribuisce appunto alle impronte di Satana) lo faceva traballare emettendo dei boati simili al rullo di un gigantesco tamburo, pronunciando con voce profonda e roca la terribile minaccia:

“Aggju meu, Aggju meu,
e candu sarà la dì chi ti z’aggju
a pultà in buleu?”

E ciò continua la leggenda, per infliggere al paese il giusto castigo a causa dell’uccisione di circa settanta persone in seguito alla feroce inimicizia sorta, nella seconda metà del 1800, tra le famiglie dei Vasa e dei Mamia per il mancato matrimonio dell’irrascibile Pietro e della soave Mariangela.
La popolazione aggese, atterrita dalle quotidiane minacce del diavolo, decise di prendere dei provvedimenti: si ricorse al parroco, si chiamarono a consulto “li rasgiunanti” del paese (i saggi del paese), ma invano, perché il diavolo continuava a tormentare la popolazione.
Verso la seconda metà dell’ottocento, ad un missionario capitato ad Aggius venne l’idea di piantar una gran croce di ferro sul monte, per far fuggire il demonio.
Tutti gli abitanti si recarono sul monte in processione orante e si racconta che in quella notte soffiò un vento fortissimo, che sradicò molte querce secolari e fece precipitare dai monti più di un masso di granito. Tutte le case tremarono dalle fondamenta, ma la croce rimase ben salda. Gli aggesi corsero dal Rettore terrorizzati, ma egli li rimandò a casa tranquillizzandoli dicendo loro: “è il diavolo che torna all’inferno”.

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